Salute Mentale Vs Privato Sociale

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Salute Mentale Vs Privato Sociale

Riflessioni tra passato e futuro

Raccontare la storia di coop Noncello tra salute mentale e impresa sociale è tanto interessante quanto complesso, con il rischio che la nostra narrazione rimanga ingabbiata in un triste Amarcord degli anni ‘80 e ‘90.

Le nostre rappresentazioni/evocazioni – tanto affascinanti quanto allampanate – determinano spesso caotiche dispercezioni e mistificazioni che tendono a proiettare il passato nel presente, mascherando o edulcorando le attuali criticità e/o contraddizioni e creando una gran confusione.

La cooperativa sociale Noncello viene costituita nel 1981 per volontà del Centro di Salute Mentale di Pordenone. La sua storia è fatta di commistioni importanti, complesse e generative con il servizio pubblico, che nel grande progetto della riforma basagliana intendeva trasformare la psichiatria in salute mentale. In tal modo l’approccio alla malattia/cura assumeva modalità completamente differenti ponendo cura, ri-abilitazione e prevenzione in uno spazio permeabile e aperto che promuovendo dignità e diritti (principi base della rivoluzione basagliana) attivava processi per l’inclusione sociale. La cooperativa si definisce (come in altre esperienze simili in italia) strumento/dispositivo del C.S.M. per agire oltre i luoghi e i recinti sanitari, al fine di attivare e gestire processi nel territorio finalizzati al superamento dell’esclusione e per contaminare il sociale nella ridefinizione della percezione comune della diversità.

Noncello ancor prima della L.381/91 si struttura come una cooperativa sociale integrata (con una particolare attenzione alla salute menale) definendo e mantenendo il focus sui processi di inclusione sociale operando entro e oltre il lavoro. È stata, ed è, promotorice di eventi sociali e culturali finalizzati alla contaminazione e trasformazione degli habitat per generare altra cultura e abbattere muri e recinzioni. Tale azione si contrappone alle tradizionali categorie culturali, comunitarie che hanno sempre definito e imposto lo staus della normalità, respingendo o isolando ogni forma di diversità per poi assimilarla a devianza, patologia o pericolosità sociale. Evidenziamo come in realtà le comunità per tutelarsi agiscano emarginazione/isolamento o internamento/reclusione della parte problematica della popolazione al fine di garantire il quieto vivere.

Nei 40 anni passati sono accadute molte cose – alcune importanti altre meno importanti – ma sicuramente il contesto di riferimento è radicalmente cambiato e con esso sono cambiate la sanità, la salute mentale, l’habitat sociale e le imprese sociali. Oggi le vecchie istituzioni totali, che guardavamo con disprezzo, non esistono più hanno ceduto il passo a servizi pubblici e/o privati organizzati in un sistema complesso e articolato, in corsa per erogare risposte adeguate (!) nella razionalizzazione delle risorse. Anche la forma dell’economia è cambiata e con essa il mondo del lavoro è cambiato radicalmente e in tale mutazione del contesto rileviamo un aumento dello stress tanto che molte persone, non necessariamente svantaggiate, vengono espulse dal mondo del lavoro. Questa mutazione repentina spesso non compresa ha fatto si che i luoghi del lavoro siano diventati generatori di disagio.

In Coop Noncello stiamo evidenziando questa crisi qualitativa del lavoro – affermando però la centralità degli spazi socio-economici nei processi emancipativi, inclusivi e di prevenzione. Quindi assumendo questa contraddizione, stiamo sperimentando pratiche e modalità per supportare le persone in percorsi di orientamento ed emancipazione nonostante la crudeltà del lavoro. Allo scopo stiamo definendo e realizzando spazi intermedi nei quali vengono sviluppate attività produttive reali con un contenimento dello stress, affinché questi luoghi (o funzioni) possano offrire integrazione, formazione emancipazione permettendo alle persone che attraversano queste opportunità di strutturarsi.

Abbiamo immaginato che tale funzione intermedia (per noi denominata Zona Franca) posta tra cura e lavoro possa attivarsi come snodo strategico per l’inclusione sociale. Perciò stiamo investendo con risorse proprie per la realizzazione di questo luogo/funzione di snodo auspicando che tale scelta possa essere assunta come opportunità nell’attivazione una nuova relazione con i servizi sociali e di cura, verso un welfare integrato da elaborare e realizzare in co-programmazione e co-gestione del territorio sociale mettendo a valore attori pubblici – profit – noprofit .


articolo pubblicato in forma ridotta su nelpaese.it